di Ersilia Crisci
È di questi giorni la notizia che Corrado D’Elia ha vinto il Premio della Critica 2010, che riceverà al Teatro Curci di Barletta il prossimo 5 giugno. Il giovane attore e regista, nonché organizzatore, è ideatore e fondatore del Circuito Teatri Possibili, che nasce nel 1996 come associazione culturale a Milano, per poi diventare il Circuito Teatrale Indipendente, consorziato con teatri di Milano, Torino, Firenze, Genova, Trento, Pisa, L'Aquila, Legnano, Bordighera, Finale Ligure, Loano, Ventimiglia, Sanremo e Imperia e in continua espansione. Curatore di rassegne teatrali e di spettacoli, dal 1998 è il direttore del Teatro Libero Di Milano. Nel giugno del 2002 vince il Premio Hystrio – Provincia di Milano, nel settembre del 2007 fa guadagnare al Teatro Libero il Premio Franco Enriquez per il Teatro per la migliore programmazione teatrale, e nel 2009 viene insignito del Premio Pirandello perché considerato una delle figure più complete nel panorama giovanile del teatro italiano. Corrado D’Elia è in questi giorni in scena al Teatro Belli di Roma con Novecento, monologo di Alessandro Baricco, con un grande riscontro di pubblico e critica.
Teatri Possibili è il tuo progetto che è arrivato al quindicesimo anno di vita, in cosa consiste?
Corrado D’Elia: Teatri Possibili è nato come un progetto che rispondeva al bisogno degli artisti di vivere il teatro. È una rete di teatri che si scambiano esperienze e spettacoli, legato alle città che lo ospitano. Attraverso Teatri Possibili si porta nelle proprie città ciò che altrimenti non arriverebbe.
Qual è, secondo te, il motivo del suo successo?
C. D’E.: L’ambiente del teatro, per le sue dinamiche, è molto chiuso, c’era bisogno per le nuove compagnie di collaborazione per superare le grandi lobby. Forse proprio la sua veste “anarchica” ha portato dell’aria nuova nell’ambiente teatrale, un ambiente in un certo senso “cristallizzato”, come quello di una cattedrale.
Dopo quindici anni è ancora vitale?
C. D’E.: Decisamente sì. Comporta un grande lavoro, ed è un progetto in continua crescita: da due mesi è entrato a farne parte anche il Teatro Vittoria di Roma.
In questo momento sei in scena al Teatro Belli con Novecento, il celebre monologo di Baricco.
C. D’E.: Sì, finalmente! Novecento era già da tre anni in giro per l’Italia, e adesso è arrivato per la prima volta anche a Roma. Sta avendo un grande riscontro, è bellissimo scoprire che c’è un pubblico che ti segue in tutte le fasi dei tuoi lavori, così come successe un paio di anni fa con l’Enrico IV e l’Otello che portai al Teatro Eliseo.
Qual è l’anima del “tuo” Novecento?
C. D’E.: E’ senz’altro la partecipazione emotiva con il personaggio, per restituirlo così com’è al pubblico, che deve emozionarsi. C’è stata a lungo una tendenza della critica e del modo di intendere il teatro che ha portato a snobare l’interpretazione. Come se l’emozione fosse qualcosa di separato dall’estetica, come se fosse qualcosa di “popolare”, mentre l’estetica era considerata “l’intelligentia”. Questa visione ha prodotto negli ultimi quindici anni un teatro apatico. Per me è invece fondamentale la forza dell’interpretazione e la capacità di emozionare il pubblico.
Cosa ti hanno portato questi quindici anni di attività, in cosa sei cresciuto?
C. D’E.: Nel tempo ho sicuramente acquisito sicurezza, nelle idee e nelle scelte di regia. Una cosa è cambiata: prima prediligevo testi con più attori, diciamo un po’ barocchi, mentre adesso mi approccio volentieri a testi più piccoli, come ad esempio La leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Ninfoi, che abbiamo portato in scena con la compagnia ad aprile. Novecento è ancora più piccolo, è un monologo, è proprio un regalo che mi sono fatto.
Hai appena vinto il prestigioso Premio della Critica 2010, che ti sarà consegnato a Barletta il 5 giugno. Cosa significa per te questa vittoria?
C. D’E.: E’ stata una bellissima sorpresa, come lo è stato anche l’anno scorso ricevere il Premio Pirandello. Avere l’attenzione della critica e del pubblico, in questo momento così particolare per il teatro, è gratificante e stimolante. È una emozione incredibile sentire che c’è un pubblico che ci segue con grande presenza e passione, è una responsabilità che spinge a continuare a creare e a crescere.
(Pubblicata il 25 maggio 2010 su recensito.net)
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