di Ersilia Crisci
Mario Balsamo è un filmmaker documentarista, scrittore e docente, che ha al proprio attivo già diciotto titoli di incentrati su temi antropologici, di viaggio, culturali e sociali, come: Sognavo le nuvole colorate (2008), Mãe Baratinha, Una storia di una candomblè (2006), Sotto il cielo di Bagdad (2003).
In questi giorni è impegnato nella presentazione del suo ultimo libro, L’officina del documentario – fare un documentario: dalla progettazione al film, realizzato a quattro mani con il collega e amico Gianfranco Pannone.
Qual è la caratteristica più importante de L’officina del reale?
M. B.: L’officina del reale è un libro particolare, inusuale. Non è un manuale classico, è piuttosto una riflessione ampia e dialettica sull’etica e l’estetica non solo della “visione” documentaria ma anche, cosa più importante, della “realizzazione” documentaria, ossia come materialmente viene realizzato un film.
Da cosa nasce il libro?
M. B.: Il libro nasce dall’esperienza di un corso di regia del documentario tenuto con Gianfranco Pannone presso la scuola di cinema ACT Multimedia di Cinecittà. Le lezioni del libro, infatti, sono strutturate come dialoghi tra noi docenti e i ragazzi che hanno partecipato al corso, ma diventano una sorta di “dialoghi platonici” in modo che tutti i lettori possano a loro volta sentirsi una classe di studenti.
Come sono organizzate le lezioni del manuale?
M. B.: Sono divise in due parti, una più teorica e una più pratica. La parte teorica è, come dicevo, legata all’esperienza in classe dei ragazzi, alle loro domande e alle riflessioni affrontate insieme. La parte pratica, invece, descrive esattamente cosa hanno fatto gli studenti per realizzare il film (Roma intorno a Roma, n. d. r.). La descrizione è effettuata in maniera molto pratica, e risulta molto utile per il lettore che vuole imparare fattivamente a realizzare un documentario.
Cosa ti è rimasto più impresso di questa esperienza che ha portato al libro?
M. B.: Sicuramente la cosa che mi è rimasta più impressa è stata il confronto con i ragazzi, che a noi docenti ha restituito tantissimo. Questa esperienza ci ha premesso di avere come una “sonda” sulla realtà, attraverso il contatto con una generazione diversa dalla nostra. Inoltre, l’unione della docenza con l’attività di realizzazione è una possibilità preziosa (e piuttosto rara), che permette di trasmettere davvero le conoscenze tecniche. Il documentario è un settore per così dire “artigianale”, in cui la condivisione e il confronto delle esperienze sono fondamentali, sia per chi vuole imparare che per chi insegna.
Da questa esperienza hai dato il via anche a una nuova attività.
M. B.: Sì, dalla doppia esperienza di docente e di realizzatore di documentari ho creato un sito internet, (www.iltuodocumentario.it, ndr) che è dotato di un forum che permette di far incontrare i documentaristi e confrontarsi sui progetti; inoltre io fornisco diversi servizi di assistenza, dalla progettazione alla realizzazione del film.
Attualmente sei impegnato in qualche progetto?
M. B.: In questo periodo mi sto dedicando ad un nuovo progetto, di cui inizieremo le riprese quest’estate. È la storia di un uomo che vive da tempo in un parco nazionale, completamente immerso nella natura, rinunciando a ogni tipo di comfort. Quello con la natura è per l’uomo ormai un rapporto ambiguo, sia perché nonostante ci sia un diffuso bisogno di tornare a viverci a stretto contatto nei fatti non ne siamo più in grado, sia perché, come insegna Herzog, la natura non è sempre benevola.
Questo progetto ha qualche continuità con il tuo ultimo film, Sognavo le nuvole colorate?
M. B.: Sognavo le nuvole colorate trattava il tema dell’immigrazione. È la storia di Edison, un giovane arrivato in Italia da bambino che torna al suo paese di origine per incontrare la famiglia. All’interno di questa storia c’è un tema più universale, che è il filo rosso che lo lega con il nuovo progetto, che è quello del confronto con culture e luoghi diversi, il cambiamento che ne deriva e che porta a una vera e propria rivoluzione interiore.
Questa è una costante dei tuoi documentari?
M. B.: Sì, trovo interessante in generale il momento in cui l’uomo si mette in gioco, talvolta riuscendo a superare i propri limiti e talvolta no. Ed è essenziale, nella nostra società, il confronto con le altre culture.
(Pubblicata il 29 aprile 2010 su recensito.net)
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