giovedì 23 dicembre 2010

Manuela Kustermann: “Per me il teatro è un luogo sacro”


di Ersilia Crisci

Manuela Kustermann debuttò a soli 14 anni, nel 1963, diretta da Carmelo Bene nel ruolo di Ofelia in Amleto di William Shakespeare. Impostasi negli anni sessanta come una delle più grandi attrici di teatro, non ha mai smesso di calcare le scene. Dal 1989 è il direttore artistico del Teatro Vascello di Roma, insieme con il regista e compagno Giancarlo Nanni, scomparso lo scorso gennaio a causa di una malattia.
Dal 7 al 23 maggio il Teatro Vascello ospiterà l’evento “Ero con loro quando loro erano con me. Sui sentieri della letteratura italiana del ‘900”, la prima serie di appuntamenti con la letteratura italiana, commentata da importanti critici e interpretata dalle letture di grandi attori, tra i quali la stessa Kustermann.

In cosa consiste il progetto “Ero con loro quando loro erano con me?”

M. K.: Il progetto nasce perché mi sembra importante in una stagione teatrale proporre autori italiani di questo calibro. Trovo interessante l’aver abbinato le letture degli attori più significativi del panorama attuale all’intervento di importanti critici letterari o poeti che introdurranno e illustreranno le opere. La serata si aprirà nel foyer con un aperitivo, si berrà del vino e si mangerà qualcosa, in seguito il critico introdurrà l’opera e infine ci si sposterà nella sala 2 per ascoltare le letture degli attori.

Quale sarà il prossimo spettacolo che interpreterà?

M. K.: La stagione teatrale a giugno finisce, stiamo preparando lo spettacolo di apertura della prossima, a ottobre. Porteremo in scena il Pilade di Pier Paolo Pasolini, con la regia di Bruno Ventura. Io interpreterò Elettra, e Antonio Piovanelli interpreterà Oreste. È una rilettura interessante di quest’opera, piuttosto originale, un primo indizio è che Elena e Oreste saranno interpretati da noi, che siamo di età più matura, anziché da attori giovani.

Lei ha calcato le scene fin dagli anni sessanta, quali differenze ci sono oggi rispetto al passato?

M. K.: C’è stato un cambiamento, purtroppo non in bene. Prima ci si poteva rapportare ad attori completi, diversi, a cominciare da Carmelo Bene, e come Romolo Valli, Vittorio Gassman. Attori di questo calibro non ce ne sono più. Inoltre per me il teatro era un luogo sacro, oggi invece si è perso questo senso di sacralità. Penso che ci siano delle eccellenze che andrebbero preservate.

Il Vascello si occupa anche di formazione, con l’Accademia italiana d’Arte e Multimedialità. Cosa ne pensa della formazione degli attori oggi, in generale?

M. K.: In generale oggi c’è la tendenza, non negativa di per sé, di formare i ragazzi in senso “totale”, all’americana. Il rischio è però che si dia più spazio al resto senza formare realmente i giovani come “attori”. Tutti aspirano ad entrare ad Amici di Maria De Filippi, per carità, capisco benissimo il valore di vetrina che ha per i ragazzi, ma la recitazione è altro. È qualcosa di molto diverso, è una caratteristica che ti distingue dagli altri.

Cosa consiglia ai giovani?

M. K.: Innanzi tutto è bene capire che non tutti possono fare gli attori. È anche vero che non per forza si deve essere un talento, e che con molto lavoro si può migliorare, ma tutti vogliono fare gli attori nonostante sia difficilissimo sfondare nel mondo dello spettacolo. Ci sono molte altre professionalità nel teatro, che vengono sottovalutate: stanno sparendo, ad esempio, i bravi macchinisti, o gli elettricisti, che sono ruoli importantissimi per un allestimento. Ci sono poi gli uffici stampa, l’organizzazione di eventi… Sono tante le professionalità legate al mondo del teatro.

Da poco è purtroppo scomparso Giancarlo Nanni. Come si sente adesso?

M. K.: Ho le spalle più pesanti. Ho ovviamente più responsabilità, ma non è solo questo. Nanni se n’è andato a un’età relativamente giovane, mi fa soffrire il pensiero che non farò mai più spettacoli come li facevo con lui, non ci sono altri registi come lui. Aveva una visione onirica della scena, idee di composizione e di movimento, straordinarie. Adesso, col senno di poi, mi rendo conto che Il giardino dei ciliegi è stato l’addio di Giancarlo. Spero di realizzare un progetto con la Regione (la giunta è cambiata adesso, ma spero che si porti a termine ugualmente) di fare un grande convegno su di lui, per rendergli omaggio.

Mi può togliere una curiosità? Perché il Teatro Vascello si chiama così?

M. K.: Il teatro è sorto dalla ristrutturazione del cinema che si chiamava così. Giancarlo era greco, amava il mare e le barche, come non si cambia il nome a una barca così non si cambia a un teatro. Il nome Vascello, poi, richiama il mare e la navigazione. Ma è da un po’ che sto pensando a una cosa… Aspetto che la stagione finisca, ma per la prossima penso che gli intitolerò una sala, o forse, conservando comunque il nome Vascello, aggiungerci il suo, per legare la sua memoria al teatro… Non lo so ancora, devo decidere.

(Pubblicata il 7 maggio 2010 su recensito.net)

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