di Ersilia Crisci
Franco Oppini è in questi giorni in scena al Teatro Tenda di Roma con il musical Mi ritorni in mente 2, per la regia di Renato Giordano. Oppini è presente sulla scena dello spettacolo italiano fin dal 1971, quando entro nel gruppo de I Gatti di Vicolo Miracoli, e ha attraversato innumerevoli generi, dal teatro al cabaret, dalla televisione al cinema, senza dimenticare le esperienze di musicista.
Nello spettacolo affermi che da giovane volevi fare la rock star.
F. O.: Sì, non tanto il cantante rock, ma proprio la rock star. Sai, io vengo dall’epoca del beat, sono della generazione che aveva 18 anni nel sessantotto, il periodo della rivoluzione sociale, culturale, politica, ideologica, capelli lunghi, chitarra elettrica, Beatles, Rolling Stones, Jim Morrison, per cui il mito era quello, di fare la rock star. Speravamo tutti di diventarlo. Immagina, un mondo di rock star!
Il tuo nome d’arte sarebbe stato Rocky Maiale.
F. O.: In quella battuta mi rifaccio a un personaggio che interpretai con I Gatti di Vicolo Miracoli, la rock star Rocky Maiale. Ero vestito con una specie di tutina d’oro, tutta scollata, ero una sorta di David Bowie o di Ziggy Stardust. L’ho tirato in ballo perché sono ancora legato a questo personaggio, pensa che una volta sono venuto qui in teatro e ho mostrato a tutti una foto di Rocky Maiale.
Lo spettacolo si rifà alle esperienze della tua adolescenza?
F. O.: Certo, sì, tutte le festine nelle cantine… io stesso avevo una cantina, ce l’ho ancora e ne ho lasciata tutta una parte intatta; ancora adesso è dipinta con dei fiori tipo hippie, nello spettacolo cito un manifesto che è effettivamente ancora lì. In Mi ritorni in mente 2 si parla delle festine in casa, quelle festine in cantina, delle gite scolastiche, dei cinema… In quegli anni si andava al cinema per fare tutt’altro che vedere il film, magari potevi andare allo stesso spettacolo quattro volte perché tanto non lo vedevi mai: al cinema si andava per “broccolare”.
La forza dello spettacolo risiede nella capacità di far ricordare lo spirito degli anni sessanta?
F. O.: Sì, fa molto presa perché ci si ricorda l’epoca… Gli spettatori di teatro sono generalmente un pubblico maturo, che gli anni sessanta e settanta li hanno vissuti, e che li ricordano attraverso il musical. Invece i giovani hanno sempre sentito parlare di questa mitica epoca, loro invece riconoscono quello che i genitori gli hanno raccontato o quello che hanno visto nei film. Ma la forza dello spettacolo sta anche nelle canzoni. Ricordiamoci che in quegli anni si vendevano sette-otto milioni di copie di un 45 giri, quindi ognuno in casa aveva un pezzo di Little Tony, degli Equipe 84 o dei Beatles. Adesso quando un disco vende trenta mila copie è già tanto, non c’è più questa capillarità. Quella musica è la musica che è rimasta e che rimarrà nel tempo.
Fin da giovanissimo hai attraversato il teatro, il cabaret, la televisione, il cinema, la fiction…
F. O.: …L’operetta anche! Ho avuto per due anni una compagnia di operetta, perché un “pazzo” mi disse “tu devi fare l’operetta”, io gli ho detto “ma cos’è? non l’ho mai vista”. Mi portò a vedere una sua operetta, così gli risposi “se mi dai l’orchestra dal vivo e i ballerini ci sto”. Perché ho sempre avuto questo pallino di cantare dal vivo, come con i Gatti e col cabaret.
E quale tra queste esperienze pensi ti rappresenti meglio?
F. O.: Sicuramente il teatro. Anche perché tutto sommato è ancora una delle poche cose serie nello spettacolo rimaste in Italia, devi saperlo fare, bisogna essere preparati, non di rado un fruitore di teatro non segue molto la televisione… Comunque penso che adesso il teatro italiano sia migliore del cinema. Io vengo dal teatro, quello di ricerca, d’avanguardia, degli anni sessanta e settanta, ho conosciuto Perlini, Giancarlo Nanni, Sepe, Kustermann, Carmelo Bene, tutti i grandi, con molti dei quali ho lavorato. Quest’estate farò Molto rumore per nulla di Shakespeare, l’estate scorsa ho interpretato Plauto, in passato anche Molière, Goldoni, le tragedie di Shakespeare (ho fatto anche un Re Liar), in genere alterno cose più leggere a cose più impegnative. Il teatro è stato la mia partenza ed è il mio arrivo.
Come sono oggi i rapporti con gli altri componenti de I Gatti di Vicolo Miracoli?
F. O.: Coi “vicolanti”? Ottimi, perché siamo fratelli, ogni tanto facciamo anche qualche serata insieme, oltre a incontrarci a cena. Abbiamo fatto da poco con Carlo Conti I Migliori Anni, è andato benissimo, un vero trionfo, abbiamo avuto uno share altissimo. Dopo ci hanno proposto di fare delle tournée insieme, ma abbiamo detto di no. Siamo l’unico gruppo che ancora non si è ricostituito e credo che non si ricostituirà mai… perché ci sono un po’ delle divergenze tra di noi, ma di carattere prettamente artistico, non personale. Insomma, ho tre fratelli, io sono il quarto. Non è detto che non si possa avere nella vita anche qualche fratello un po’ stronzo, ma che resta sempre però tuo fratello. E scusate per la parola “un po’ ”, ma quando ci vuole ci vuole.
Hai qualche nuovo progetto lavorativo per il futuro?
F. O.: Tra le mie esperienze mi manca solo il circo. Mi avevano chiamato per fare un reality sul circo, però ero impegnato con il teatro quindi non ho accettato. Ma non si sa mai nella vita…
(Pubblicata il 3 maggio 2010 su recensito.net)
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